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Beccaccino (Gallinago gallinago) | Caratteristiche e comportamento

Il beccaccino reale ben si merita questo nome, perché è il re dei selvatici e la sua caccia con il cane da ferma è vera arte venatoria

Il lettore mi vorrà comprendere, ho ucciso il primo beccaccino che non avevo forse ancora 14 anni e l’ho ucciso che era quasi notte in una palude, con un fuciletto del calibro 24.

Chissà che non avvenga del primo selvatico come del primo amore che lascia un’impronta per tutta la vita.

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Il De Cherville dice “C’est à la chasse au marais que la flamme cinegetique se conquiest“…

Furono le condizioni speciali in cui lo uccisi, l’ora ed il luogo suggestivi? Il fatto è che ho nutrito sempre una speciale predilezione per il beccaccino, che viene da lontani paesi sconosciuti, e che piove da noi in una notte di tempesta, sullo sfondo di cieli bassi, di nubi portate dalla bufera, tra scrosci di pioggia e raffiche di vento.

Ho cacciato il beccaccino, non solo nella mia terra di Lombardia ma anche nel Veneto, nel Trentino, (nelle paludi di Caldaro) in Toscana ed in Ukraina.

Le abitudini del beccaccino

Non dirò da dove vengono i beccaccini, non sono uno scienziato, sono un cacciatore e, se dovessi dirvelo con precisione, sarei imbrogliato e dovrei riportare dichiarazioni di altri. Del resto i luoghi da cui provengono i beccaccini sono svariatissimi e questo spiega, secondo me, il fatto delle diverse epoche in cui si verifica il passo di tali uccelli.

Quando arrivano?

I primi beccaccini arrivano da noi verso la metà di luglio e si posano lungo i fiumi, canali, paludi ed acquitrini sopratutto nelle risaie, allora ancora sommerse, mettendosi nelle così dette bocchette, vale a dire nei punti in cui l’acqua passa attraverso gli argini, da un riquadro all’altro. In questi punti, essendo l’acqua corrente, e quindi più fredda, il riso cresce meno rigoglioso, anzi vi è quasi sempre una specie di radura che, alle volte, è anche più alta a causa della terra che l’acqua a poco a poco vi trascina dal riquadro superiore.

Quando nelle vicinanze viene irrigato qualche prato, abbandonano volentieri la risaia per portarsi in quello, trovandovi forse più aria e maggior varietà di alimento. La caccia lungo i fiumi, stagni ecc è poco adatta per il lavoro del cane (in terreno paludoso il cane, in genere, sente poco).

La caccia nei prati irrigati e nelle marcite si presta molto bene al lavoro del cane, anche novizio, perché si svolge in terreno facile e su beccaccini piuttosto queti, sia perché non ancora molto battuti e sia perché resi pigri dal caldo sole estivo od autunnale.

La vera caccia al beccaccino, nei territori del pavese e della Lomellina, non comincia però realmente se non dopo il taglio delle risaie, anzi, si può dire, che è allora soltanto che ha completamente inizio la caccia in genere in detti territori in quanto nelle risaie si trova (trovava ndr) di tutto, beccaccini, gallinelle sciabiche, porciglioni, voltolini, palmipedi, quaglie, fagiani ed, in quelle meno fangose, anche starne e perfino lepri.

I beccaccini di passo

In ottobre, ai beccaccini che si trovano già nelle nostre risaie, si aggiungono quelli di passo e questo passo continua tutto il mese, anche saltuariamente, a seconda del tempo mentre il forte passo non si verifica che nella prima quindicina di novembre protraendosi poi a volte, anche per tutto il mese.

Personalmente però ho fatto l’esperienza che una coda di passo avviene anche ai primi di dicembre, magari anche dopo un periodo di stasi. Si tratterà forse anche qui di spostamenti locali, ma il fatto si è che, in quell’epoca, si trovano dei beccaccini che prima non si trovavano e che dopo non si troveranno più. Dopo quell’epoca, quelli che ci sono ci sono e se non vengono ammazzati o se non vengono delle nevicate eccessive, rimarranno da noi tutto l’inverno.

Conoscere il terreno

Durante questa stagione i beccaccini cambiano alquanto di abitudini in quanto, di notte, pasturano nelle marcite e nelle risaie bagnate, quando queste non sono gelate e, di giorno, si spandono (spandevano ndr) un po’ dappertutto, risaie asciutte, prati, frumenti, campi di ravettone, campi di granoturco tagliato ed anche con canne alte, brughiere e perfino boschi intricati nei quali li troverete andando a caccia di beccacce e fagiani.

Quando sono all’asciutto, nei giorni di sole, se la godono da poltroni stando perfino coricati sul fianco.

Il ritorno nel medesimo posto (su per giù…)

È da tener presente che il beccaccino alzato si allontana in una direzione e scompare alla vista, lasciando l’impressione di andar a finire chissà dove, mentre poi ritorna e, se non si rimette proprio nel posto dove lo avete alzato, si posa però nei campi intorno e se voi non lo vedete rimettersi e non siete pratici andrete a cercarlo lontano mentre lo avrete vicino.

Quelli appena arrivati sono quieti, quelli ambientati sono scaltri

I beccaccini, appena arrivati, vergini di schioppettate e stanchi del viaggio, sono molto quieti e si lasciano avvicinare e, qualche volta, quasi pestare. Quelli invece arrivati già da tempo ed ambientati, sono scaltri e diffidenti e partono a distanza, anche fuori tiro, specie se sono riuniti in branchetti.

In compenso però anche il cane li avverte molto più da lontano di quelli di passo ed, a volte, a distanze veramente eccezionali.

Non vi è brigata di starne, di pernici, e magari di galli di monte, che venga avvertita alla distanza a cui viene avvertito un solo beccaccino, figuriamoci poi un gruppo di beccaccini od una campagna piena di tali uccelli.

Pedina?

Una volta si riteneva che il beccaccino non pedinasse od almeno pedinasse in modo insignificante, quel tanto da servirgli per spostarsi in cerca di nutrimento. E ciò è esatto; ma poiché questo nutrimento oggi, a causa forse degli attuali concimi chimici messi in uso in luogo dello stallatico, gli viene a mancare, così il beccaccino si è messo a pedinare anche lui, specie in primavera nelle marcite semiasciutte.

Non che pedini sotto la ferma del cane come la selvaggina d’asciutto, ma pedina in cerca di cibo. Per completare le nozioni sulle abitudini del beccaccino, diremo che, quando è stazionario, tiene il posto, non solo nello stesso campo, risaia o marcita, ma anche in questo predilige un dato punto, tanto che chi è pratico può tante volte, andare a farli alzare a posta franca e senza cane.

Questo spiega le discussioni che si sono avute in proposito e le polemiche svoltesi sui giornali cinegetici circa l’impiego del cane da ferma nella caccia al beccaccino e sulla sua utilità pratica in tale genere di caccia.

Il cane da beccaccini

Sul beccaccino si verificano lavori mai visti su altra selvaggina. Trebbi raccontava di aver veduto un cane fermare, od almeno filare, in una marcita, girare intorno alla cascina che gli stava di fronte ed andare a bloccare un beccaccino o dei beccaccini in un’altra marcita dietro alla cascina stessa.

Naturalmente anche a me, nella mia non breve carriera, sono capitati casi, se non così strabilianti, tali però da farmi ritenere che quello che raccontava Trebbi non sia così impossibile a verificarsi.

Filate al limite del reale

Ho visto Milk, figlio di Ciufi, fermare poi filare a lungo in marcita, girare una catasta di terra, filare ancora, passare una strada, entrare in un’altra marcita, filare ancora, poi fermare deciso ed il beccaccino partire fuori tiro. L’ho visto altre volte fermare a metà di un riso, beccaccini che erano a metà di quello vicino ed altre cose del genere. Altrettanto ho visto fare da Treff, bracco tedesco di un mio cugino, il dott. Scevola, vincitore anch’esso di prove sul terreno a beccaccini.

Il naso del cane NON È MAI ABBASTANZA

È credenza diffusa che il cane da beccaccini debba avere un olfatto superiore agli altri cani. Io dirò che in tutte le caccie il naso non è mai abbastanza. La credenza accennata è anch’essa generata dal fatto che i beccaccini sfrullati si vedono ed i frullini, le quaglie, gli uccelli neri che il cane non avverte rimangono ignorati anche da noi.

Certo per i beccaccini ci vuole un buon naso ma, sopratutto, esercitato a tale caccia e resistente al freddo.

Foto di Fabio Poggi

Ci vuole un naso da “inverno”

Il Dommanget insiste che il cane sia fornito di «nez d’etè», io, per i beccaccinisti specialmente, richiedo il “nez d’iver senza del quale il cane non può cacciare con profitto in dicembre o gennaio, in marcite mezzo gelate e con l’erba bianca di brina o di neve, distinguendo l’emanazione del beccaccino in mezzo a tante pasture di beccaccini, di palmipedi e di pavoncelle che vi hanno passata tutta la notte.

Specialmente le prime brinate sono deleterie per le difficoltà olfattive dei cani. Non sentono più nulla. Si vedrà qualche ferma di primissimo mattino, prima che la brina cominci a sciogliersi, e qualche altra verso il calar del sole quando scende l’aria umida della sera.

Del resto, stabilito il presupposto di un naso ottimo e ben esercitato, i miracoli accennati dipendono più da particolari condizioni atmosferiche che da altro e non devono stupire fuori modo.

Il perché il beccaccino venga avvertito a distanza maggiore di tutta l’altra selvaggina non si sa come spiegarlo. Io penso che abbia un odore sottile, delicato, leggero che sfugge ai cani non abituati ma che, invece, si spande, si diffonde molto lontano e che i cani abituati captano a grande distanza, sia pure talora in modo incerto.

Ho notato perfino che, qualche volta, i cani sentono più intensamente il beccaccino da lontano che da vicino.

Il sentire meno i beccaccini di passo, in confronto di quelli stanziali, dipende dal fatto che, siccome del beccaccino il cane avverte molto anche la pastura (tanto che a volte sente con maggior intensità la pastura di un beccaccino che è rimasto a lungo in un punto che non l’emanazione diretta di un altro che si è posato da poco), di conseguenza avverte più facilmente i beccaccini che sono già da tempo in luogo, che non quelli appena arrivati e che non hanno ancora pasturato.

Valutare il cane è assai difficile

Così, molte volte, vi accadrà di vedere il cane far delle ferme, anche abbastanza sostenute, dove sono partiti dei beccaccini e sfrullare viceversa dei beccaccini quietissimi, che, secondo voi, avrebbero dovuto fermare, per così dire, ad occhi chiusi o meglio nel nostro caso, a naso chiuso. Ed in questo consiste appunto la difficoltà di valutare il lavoro del cane sul beccaccino, così in caccia come in prove, dove si possono prendere dei granchi non indifferenti.

Per questo nel giudizio di una gara a beccaccini bisogna più che mai applicare il criterio della valutazione del complesso della prestazione del cane dando la massima importanza alle azioni positive in confronto a quelle negative e poco peso agli errori quando sono controbilanciati da azioni pregevoli e non procedendo all’eliminazione se non in seguito a ripetuti errori oppure a deficenze palesi.

Ferma i beccaccini o è un beccaccinista? C’è differenza…

Si è molto discusso sulla differenza tra un beccaccinista ed un cane che ferma i beccaccini e molti ne parlano ma quasi da nessuno ho sentito precisare in che cosa consista questa differenza che, in realtà, penso, debba essere molto sottile.

Io credo che si tratti del fatto che il beccaccinista, prima ancora della presenza del beccaccino, abbia sentore del terreno adatto alla pastura ed in conseguenza assuma quel portamento tanto suggestivo che lo caratterizza e così vada a cercare il beccaccino mentre quello dell’altro tipo ferma i beccaccini quando li incontra.

Lungi da me l’intenzione di voler svalutare il beccaccinista ma, a parte lo stile affascinante che entusiasma, quale differenza esiste tra i due premesso che il secondo sia un cane di merito dotato di tutte le migliori qualità?

Il primo arriverà a fermare, qualche volta a distanze pressoché incredibili, dei beccaccini che partono fuori tiro, l’altro sviluppando una cerca, direi normale con un portamento di testa non eccelso arriverà a fermare i beccaccini queti ai quali riesci a sparare.

Se andando a cercare i beccaccini in pastura il beccaccinista è senz’altro superiore non solo per stile ma anche per rendimento, l’altro renderà presso a poco lo stesso fermando i beccaccini di rimessa dove non vi è l’aiuto del senso del terreno e dove i beccaccini non hanno pasturato e lasciato i segni della loro permanenza.

Per cui, pur ammirandone lo stile e dando senz’altro la preferenza al tipo classico del beccaccinista che, come ben si dice, nasce con le qualità specifiche e con una particolare passione per il beccaccino, non bisogna per questo parlare dell’altro tipo di cane quasi con una punta di disprezzo.

Il cane puro beccaccinista si deve occupare anche dell’altra selvaggina?

A questo punto torna a proposito accennare alla questione se il puro beccaccinista non debba occuparsi dell’altra selvaggina.

A parte che la pretesa mi sembra teorica perché un cane è portato per natura a fermare quello che incontra, sono del parere che, specialmente oggi che di beccaccini ve ne sono pochi, e quindi pochi sono quelli che possono prendersi il lusso di tenere uno specialista, sia utile che un cane, pur cercando di proposito il beccaccino, abbia a fermare altra selvaggina che incontri sul suo cammino e che sia un male che si comporti altrimenti.

Anni ’80. Beta della Croccia detta Mara di Santo Laro. Camp. Italiana trofeo S.Uberto 1981. Una grande beccaccinista.

Caccia al beccaccino con il cane da ferma

Parlando della caccia al beccaccino col cane da ferma ci siamo riferiti alla bassa Lombardia, farò il quadro di un cacciatore che si trovi a cacciare in quei terreni vastissimi, con marcite e risaie di ettari ed ettari di superficie e dei quali, per giunta, non ha conoscenza od una conoscenza limitata perché oggi caccia qui e domani là.

In questo caso, ed è il caso della caccia classica al beccaccino, a nessuno può venire in mente di mettersi a girare senza il cane.

Senza contare che a questi terreni, già vasti per se stessi, si aggiungono anche quelli di rimessa, risaie asciutte a perdita d’occhio, frumenti, prati e ravizzai.

Mi si domanderà: insomma il cane ci vuole o non ci vuole? Risponderò categoricamente. Il cane ci vuole. Quando battete terreni ampi, e nei quali non sapete con precisione dove stiano i beccaccini, lo lascierete girare a suo piacimento e, se vi alzerà qualche selvatico fuori tiro, cosa che capita anche ai migliori, questi saranno largamente compensati da quelli che vi guadagnerà fermando quelli che voi non avreste mai incontrato sul vostro cammino e dandovi tutto il tempo di raggiungerlo e di sparare.

In marcita ci entra solo il cane

A questo proposito mi sovviene di aver dimenticato un punto importantissimo. Le marcite. Se un fittabile può girare tranquillamente nelle sue marcite, non così un cacciatore che non sia proprietario o fittabile. Questi deve cercare, cacciando in marcita, di fare il minor danno possibile, facendovi cioè entrare il cane e non entrando lui, se non quando il cane è fermo. Caccia difficile, lo so, ma per questo bella più d’ogni altra.

Si caccia contro ventro

Alcuni sostengono che il beccaccino va cacciato seguendo la direzione del vento, vale a dire col vento alle spalle, perché, volando questo contro vento, sarà costretto a venirvi incontro per prendere il vento e vi passerà a tiro.

Lo stesso Colombo consiglia tale manovra nel ribattere un beccaccino che si è visto rimettere. Possiamo essere d’accordo in questo ammettendo di cacciare senza cane oppure col cane ai piedi. Diversamente il cane, sul beccaccino, più ancora che sull’altra selvaggina, ha bisogno di lavorare col vento in favore e quindi, a meno che di aver cani che vadano a prendere il vento e poi vi vengano incontro, dovete cacciare contro vento.

Solidità di ferma

Piuttosto, sempre partendo dal presupposto di aver cani la cui solidità di ferma sia a tutta prova potrete fare un lungo giro magari sugli argini o fuori della risaia, marcita o palude e venire incontro al cane. In entrambi i casi avrete il vantaggio che il cane abborderà il beccaccino a buon vento (ben inteso per lui, cioè contro vento) e voi lo abborderete col vento alle spalle. Quod est in votis.

Del resto però, pur ammettendo che il beccaccino viaggi contro vento, credo che ciò avvenga quando compie lunghi viaggi e non quando, alzatosi per una ragione qualsiasi, si sposta da un luogo all’altro.

Come deve lavorare il cane

Si dice che il cane da beccaccini non occorre che incroci il terreno e che deve essere lasciato molto indipendente. Quanto alla indipendenza non esageriamo e quanto alla cerca incrociata, pur ammettendo che a beccaccini essa possa essere meno regolare che non sull’altra selvaggina per permettere al cane di seguire la conformazione del terreno, argini, fossati ecc, e meno serrata nella distanza tra un lacet e l’altro, tuttavia non possiamo a meno di rilevare che senza di essa, il cane è soggetto a lasciarsi dietro i beccaccini come qualsiasi altra selvaggina. Questo ho avuto campo di constatarlo in caccia ed anche in prove.

In caccia pazienza; se il beccaccino trascurato dal cane parte davanti a voi potrete sempre fare una buona fucilata, non avrete l’emozione di una ferma ma vi consolerete pensando che, fra l’altro, il cane avrebbe potuto anche non fermarlo. In prove invece, se non è un errore così grave da far eliminare od almeno retrocedere il cane, è però sempre una occasione che questo viene a perdere di prendere un buon punto.

Sempre in tema di cerca molti hanno la convinzione che il cane da beccaccini debba essere lento, guardingo, prudente. Noi riteniamo che questo non sia assolutamente necessario e che, purché non si cada in esagerazioni, anche una andatura veloce possa riuscire utile in quella caccia.

V’è anche chi sostiene che il cane veloce riesce ad avvicinare il beccaccino più di uno lento e noi non ci sentiamo di dar loro completamente torto. Intendiamoci, v’è quel cane veloce che si scaraventa in una risaia od in una marcita come un bolide guazzando nell’acqua senza ritegno, buttandosi fango sulla schiena ed intorno a sé. Ma vi è anche quello che, pur essendo veloce, ha però un’andatura radente, non si butta allo sbaraglio ed, anche spingendosi, cerca di evitare il più possibile di entrare nell’acqua e quindi di far rumore.

Non è escluso che questo, arrivando più all’improvviso sul beccaccino riesca a bloccarlo più da vicino. Il cane del primo tipo corrisponde in genere di più al lavoro del pointer, il secondo a quello del setter. La mia vecchia Ciufi, galoppando ventre a terra, pur essendo velocissima, muoveva pochissima acqua ed arrivava alle volte vicinissima al beccaccino che teneva la ferma non sentendo né vedendo più la cagna che, alla percezione della sua emanazione, era scomparsa a terra nel più perfetto down che si possa immaginare.

Quali razze da ferma sono più indicate per la caccia al beccaccino?

Fatta questa digressione veniamo ad esaminare, con criteri di obiettività, quali razze siano più adatte per la caccia ai beccaccini. Criteri assoluti non se ne possono stabilire. Dipende molto anche dal terreno in cui si caccia.

I bracco italiano e lo spinone

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Foto di Fabio Poggi

In palude, in risaie paludose, in marcite dove i beccaccini stanno in pastura, magari anche in numero rilevante, serve egregiamente il bracco italiano e lo spinone

È il collaboratore diretto, fatto per cacciare sotto il fucile e permettervi, alla occorrenza, di arrischiare qualche tiro su selvatici leggeri che partono senza essere fermati. Obbediente e corretto al massimo grado deve essere attento a cogliere al volo il vostro più piccolo gesto ed interpretare quasi i vostri desideri. “Va a destra, passa a sinistra, vienimi incontro”, tutto ciò, si capisce, a cenni senza parlare. Questo non esclude che anche esso, allentandogli le redini possa, all’occorrenza, saper allungare la sua cerca come vuole il Delfino.

Il pointer

Il pointer, invece, è il cane dei terreni più vasti e più asciutti. Risaie poco paludose, prati, frumenti, campi di ravettone. Sono i terreni dove i beccaccini vanno di rimessa e vi sono quindi meno numerosi e più sparsi. È in questi terreni ed in queste condizioni di selvaggina che si può apprezzare l’azione del pointer, del pointer di gran classe, che vi troverà il suo impiego naturale e potrà, pur incrociando, prendere spazio come sui moors della Scozia o nelle pianure della Francia e del Belgio.

Il setter

Il setter, avendo l’andatura cauta, strisciante e nello stesso tempo veloce, che abbiamo descritta prima, una avventata ed una guidata più guardinga ancora del bracco e dello spinone perché più felina, sta in mezzo ai due tipi estremi costituiti dal bracco e dal pointer e può comportarsi egregiamente tanto sul terreno dell’uno quanto su quello del l’altro.

Ed è appunto in relazione a queste speciali attitudini delle diverse razze al lavoro, su di un dato genere di terreno piuttosto che su di altro, che le prove sul terreno al beccaccino rappresentano il non plus ultra per i nostri cani italiani, sono ottime per i setter e per i continentali esteri e buone per i pointers, purché effettuate su terreni adatti. E parliamo di prove senza fare distinzione fra gara classica e gara di caccia pratica, perché la selvaggina è sempre la stessa ed il cane deve essere un bracco, un setter od un pointer, tanto in una gara quanto nell’altra.

Varia invece il terreno e di questo il giudice deve tenere grande conto, tenendo presente che, come difficoltà per il cane, i diversi terreni vanno messi in questo ordine.

beccaccino
Foto di Fabio Poggi

La difficoltà del terreno

I più facili sono i prati e le marcite, vengono poi le risaie e, da ultimo, le paludi. Io, privatamente, per mio uso e consumo me li sono classificati così. La marcita è la pista, la risaia la strada, la palude la corsa campestre il cross cuntry. Gli altri terreni di rimessa sono troppo vari ed impensati per farne una classifica.

Qualcuno dirà « Basta!» i beccaccini sono arrivati, li abbiamo cercati dappertutto con cane e senza cane, li abbiamo trovati, i cani li hanno fermati, facciamoli alzare una buona volta e vediamo di ammazzarli! Non avrebbe neanche torto. Accontentiamolo e facciamoli volare.

Il Gnec e gli zig-zag

È tradizionale ed inconfondibile il grido che emette il beccaccino partendo e che ripete molte volte, anche in pieno volo, e che somiglia al rumore di un bacio un po’ strascicato. Sono altrettanto tradizionali gli zig-zag che descrive volando appena alzato. Ebbene, per quanto riguarda il gnec, naturalmente niente da obbiettare, ma per quanto riguarda gli zig-zag non posso a meno di rilevare esservi un po’ di esagerazione di convenzionalismo. Si generalizzano dei casi, se non sporadici, almeno non comunissimi. In sessant’anni che caccio il beccaccino ne ho visti fare degli zig-zag ma in percentuale non molto forte. La difficoltà del tiro al beccaccino, difficoltà reale, consiste sopratutto nella velocità e nel volo raso terra che, in certe condizioni di luce, che non mancano nella stagione in cui esso viene cacciato, lo rendono poco individuabile sullo sfondo del terreno.

Certo che se il beccaccino trova un rialzo od un abbassamento di terreno o deve passare fra delle piante farà sì uno scambietto, ma, come abbiamo detto, non diversamente da quello che farebbe qualche altro volatile, se non tutti, in quelle condizioni. Mi ricordo una volta in collina una quaglia che mi ha fatto una virata di bordo così improvvisa che ho dovuto rinunciare a tirarle, e sì che, a parte il colpire o meno, sono piuttosto rapido a sparare. Il beccaccino sfarfalla sopratutto quando viene sorpreso stanco di un lungo viaggio ed è pigro ad alzarsi, ma allora, in compenso, è anche più lento.

Attenzione agli eccessi

È opinione diffusa fra i cacciatori lombardi che il beccaccino rappresenti la scuola classica per il cane da ferma mentre il fagiano non faccia altro che rovinarlo. Ciò è vero sino ad un certo punto. È certo che il lavoro al beccaccino abitua il cane ad avventare da lontano e gli dà molta solidità di ferma per cui, per iniziare un cane, il beccaccino è ottimo poiché, una volta educato su questo, passerà poi con disinvoltura sull’altra selvaggina mentre, come abbiamo detto, è difficile che avvenga il contrario. Però, insistendo sempre sul beccaccino e sul singolo soggetto e sui discendenti per diverse generazioni, non mancheranno di manifestarsi dei gravi inconvenienti. Tendenza eccessiva a fermare sulle pasture e riluttanza a guidare che finisce, in certi casi, a trasformarsi in un annullamento di tale qualità.

Il cane rimane fermo oppure, se si decide a rompere, non guida ma riprende la cerca. Quindi, se sotto l’aspetto del lavoro a vento ed a distanza o della solidità di ferma ecc la scuola del beccaccino è ottima, per quanto riguarda invece la guidata, che alcuni, e non a torto, vogliono considerare come una delle qualità più importanti del cane da ferma è piuttosto dannosa.

Nell’impiego del cane, occorre applicare criteri di equilibrio. Per questo abbiamo detto che la starna è la selvaggina classica, la selvaggina quasi ideale perché presenta tutti i pregi del beccaccino senza averne i difetti. In mancanza di starne per mantenere il giusto equilibrio tra la solidità di ferma e la tendenza a guidare, conviene alternare il lavoro sul beccaccino con quello sulla quaglia oppure sul fagiano che, quando si trova all’aperto, si presta alla educazione del cane per lo meno quanto la quaglia stessa.

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