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Il trotto del bracco italiano e l’importanza della braga

Il trotto allungato come andatura tipica del Bracco italiano. Perché è necessario l’addestramento con la braga

Non temete circa il trotto del bracco italiano, non cercherò di spiegare perché il Bracco italiano trotta….. e non romperò le scatole con l’inclinazione della groppa, le angolazioni articolari misurate in gradi e un sacco d’argomenti astrusi. Mi limiterò a spiegare come deve trottare il Bracco italiano.

Incominciamo col dire che tutti i cani trottano, ma i Bracchi italiani trottano in modo diverso. Per un pointer o per un kurzhaar, per un setter o per un epagneul breton, il trotto è l’andatura intermedia fra il passo ed il galoppo. Il Bracco italiano è l’eccezione, l’unico cane che esprime con questa andatura una velocità pari, o quasi, a quella che raggiungerebbe se galoppasse.

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L’importanza della velocità

Facciamo quindi questa fondamentale considerazione:
Per aumentare la velocità espressa dal trotto, tutti i cani galoppano. Fa eccezione il Bracco italiano che è in grado di accelerare dal trotto al trotto veloce. Di conseguenza, facciamo un’altra importante osservazione:
L’andatura tipica del Bracco italiano non è il trotto, bensì il trotto veloce.
In proposito risulta molto evidente l’analogia con il cavallo trottatore da corsa (il trotter): tutti i cavalli trottano, ma solo il trotter è stato selezionato per esprimere una così elevata velocità al trotto.

L’andatura del trotter è naturale in quanto trasmessa geneticamente, ma è allo stesso tempo affinata da appropriato addestramento ed allenamento. Ebbene, lo stesso discorso vale, pari pari, per il Bracco italiano mediante l’uso della braga.

E il galoppo?

Qualcuno si chiederà: “Allora il galoppo per il Bracco italiano è proibito?” ….e la risposta è “No, purché le fasi di galoppo siano alternate da fasi di trotto veloce”. Attenzione quindi: non basta che il galoppo venga alternato col trotto: il galoppo deve essere inframmezzato da fasi di trotto veloce!

Trasferendo il concetto ai giudizi nelle prove di lavoro, non basta che il cane si ricordi di essere bracco –e quindi trotti – quando è in emanazione, perché sarebbe come dire che si mette al trotto solo quando rallenta. Il Bracco italiano deve invece dimostrare al trotto tutta la sua esuberanza, tutta la sua voglia di andare, tutta la sua velocità.

Un tizio mi ha detto: “Il mio bracco galoppa per le prime due ore, poi si mette al trotto” ed io gli ho risposto che anche il pointer di un mio amico fa così! Patetici coloro che prima di andare in gara fan correre il cane per chilometri con la bicicletta: non han capito che noi vogliamo il bracco trottatore veloce, non il bracco trottatore stanco!

Come deve essere il trotto del Bracco italiano?

Rispetto agli altri cani, il trotto del Bracco italiano ha una spinta del posteriore molto più possente e si esprime con sgambate estesissime, scandite da prolungate fasi di sospensione dei quattro arti. Tanto più potente è la spinta, tanto più prolungate sono le fasi di sospensione dei quattro arti e, di conseguenza, tanto maggiore è il tempo intercorrente tra una sgambata e quella successiva.

Trotto del bracco italiano spinto in contrapposizione al trotto serrato

Chiameremo questa andatura “trotto spinto” in contrapposizione al trotto serrato, fatto di battute molto più rapide proprio perché, non usufruendo di una propulsione altrettanto potente, non crea le prolungate fasi di sospensione dei quattro arti fra una battuta e l’altra; il trotto serrato è meno veloce, più meccanico, più monotono.
Nel trotto spinto, il cane ha una vasta gamma di possibilità per modulare la velocità; a volte lo vedremo rallentare semplicemente riducendo la propulsione, quindi abbreviando la fase di sospensione degli arti, pur mantenendo la massima estensione della sgambata. Il risultato sarà una meravigliosa scioltezza di movimento ed un morbidissimo passaggio alla velocità inferiore e viceversa.

Il cane dal trotto serrato, invece, sarà un “motorino” ad una marcia sola, che sa solo muovere i suoi passi più o meno rapidamente.

Per esprimersi al trotto spinto un Bracco italiano deve:

  1. avercelo nel sangue
  2. avere un’enorme voglia d’andare
  3. aver assimilato l’addestramento con la braga

Se ce l’ha nel sangue, si vede da cucciolo. Già a quattro o cinque mesi, a volte anche prima, il trotto spinto salta fuori, magari a sprazzi, quando il cucciolo corre in cortile o alle prime uscite in batteria. In alcuni casi è così evidente che lo vede chiunque; altre volte per riconoscere il cucciolo dotato ci vuole esperienza ed occhio clinico. La voglia di andare, la passione sono il motore che genera la spinta.

Ricordiamoci sempre quest’assioma:

senza grande passione, non ci può essere trotto spinto

Ma bisogna distinguere la passione da trialler, che comporta grande presa di terreno, dalla passione da cercottone. Attenti però che, nella stragrande maggioranza dei casi, la passione da trialler allo stato grezzo si esprime in galoppo sfrenato.

La braga

Di braga si è sempre favoleggiato, ma sino alla metà degli anni ‘60 era un macchinoso quanto misterioso congegno che non saprei descrivere, perché non l’ho mai visto. La braga, nella sua versione odierna, fu inventata da Rino Vigo e consiste in una corda che, passando per un anello posto sul dorso, fissa i due capi ai metatarsi del cane. Per proteggere il dorso del cane dallo sfregamento della corda, l’anello viene fissato su di un sellino, tenuto in posizione da una pettorina. La lunghezza della corda deve essere tale da ostacolare il galoppo.

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Ciò vuol dire che potrà essere leggermente allungata man mano che il cane si abitua alla braga. Nella corda va inserito un elastico sui due lati con funzione di ammortizzatore (vedere disegno).

La braga va messa solo ai cani che sono trottatori naturali; impiegarla su cani che non lo sono, frutterà solo cocenti delusioni. Con ciò non posso escludere che se qualcuno, con una costanza degna di miglior causa, insistesse con la braga per chissà quanto, forse riuscirebbe a far trottare anche un cane che trottatore non è; ma ammesso e non concesso che ci riesca, otterrà solo un trotto monotono, meccanico, artificioso, buono per ingannar gonzi (e ahimè ce ne son tanti!) e che al-l’occhio esperto apparirà per quello che è. Quindi un sacco di lavoro e di tempo per ottenere, nella migliore delle ipotesi, un risultato scadente.

A cosa serve la braga?

Ma allora, ci si chiederà, a cosa serve la braga se va messa solo a cani che sono già per natura trottatori? Ed è proprio necessario usare la braga?

La risposta è che se il Bracco italiano viene usato solo per andare a caccia, allora l’addestramento con la braga può non essere indispensabile, perché il rendimento è fatto salvo anche se il cane galoppa nella prima mezz’ora.
Se invece il Bracco italiano deve cimentarsi in prove di lavoro, allora la braga diventa uno strumento di cui non si può fare a meno. Negli allenamenti, avviene infatti che il giovane Bracco italiano equivoca l’incoraggiamento ad allargare la presa di terreno come uno stimolo ad esasperare l’andatura –cioè a galoppare – e la crescente avidità che si manifesta a seguito dei primi incontri con la selvaggina non fa che aggravare il problema.
Da cui il dilemma:

  • o evitare di stimolare la presa di terreno per consolidare il trotto;
  • o invitare il cucciolone a spaziare, ingenerando però in lui l’errata abitudine a galoppare, soprattutto all’inizio del turno.

È a questo punto che ci vuole il provvidenziale aiuto della braga. Una delle funzioni fondamentali della braga è di abituare il giovane allievo ad esprimere tutta la sua esuberanza al trotto ed a tradurre la sua voglia di correre nell’andatura fatta di sgambate lunghe e possenti di cui è naturalmente dotato: un atleta diventa un campione in virtù dei doni ricevuti da madre natura, ma anche grazie ad una opportuna preparazione atletica.

Quando va messa la braga?

Per il giovane Bracco italiano la miglior preparazione atletica è quella fatta con la braga. La braga va messa non appena i cuccioloni dimostrano sufficiente avidità nella cerca e comunque ogniqualvolta si lasciano andare in gruppo, quando cioè l’emulazione li spinge a correre malgrado il fastidio della bardatura che indossano. In pratica, da quando hanno sei/otto mesi, ogni giorno, diverse volte al giorno. 

Fino a quando bisogna prolungare l’addestramento con la braga?. Ovviamente dipende da cane a cane, ma direi che in genere si deve continuare per un anno circa, e comunque durante tutta la prima stagione di caccia. Quando il giovane cane ha consolidato una cerca spaziosa, fatta di lacet tesi, e quando ha preso coscienza che al trotto può sviluppare la velocità necessaria a sfogare la sua grande voglia di correre, allora si può incominciare ad alternare turni con e senza braga. Come ho già detto, la funzione della braga non è di insegnare al cane a trottare, ma serve per consentire all’addestratore di stimolare la più estesa presa di terreno, senza che ciò sia frainteso dall’esuberante cucciolone come un invito a galoppare. Quando questo compito è assolto, la braga ha esaurito la sua funzione!.

Cosa succede quando si toglie la braga?

È il momento della verità, perché se il cucciolone non era trottatore prima di mettergli la braga, quando la si toglie tornerà ad essere galoppatore.

Avendo a questo punto accertato che il trotto spinto è una peculiarità del Bracco italiano (condivisa solo dallo Spinone, il cui DNA ha grandi affinità con il nostro bracco) e che nessuna altra razza canina ha un’andatura naturale del genere, è stupefacente che di questa caratteristica così diversificante non vi siano significative tracce nei testi sulle origini del Bracco italiano.
È cioè come se, nella visione storica della razza, il trotto fosse solo la logica caratteristica di un cane dotato di grande resistenza, che lo adotta come l’andatura più idonea per risparmiare energia.
Questa visione funzionale è però riduttiva, in quanto non tiene conto della spettacolarità e della velocità che il trotto spinto conferisce. Perché allora nessuno ne ha mai fatto cenno?

Forse semplicemente perché il trotto spinto non esisteva.
Sorge cioé il dubbio che il trotto spinto sia caratteristica fissata solo recentemente, molto recentemente. Per quanto ne so, il primo Bracco italiano del quale è stata tramandata un’attendibile testimonianza di un probabile trotto spinto risale agli anni ‘50 ed è Tell dell’Adda, nonno di Lir 2° dei Ronchi, padre del mio Lord. Sta di fatto che la stragrande maggioranza dei Bracchi italiani con trotto spinto discendono proprio da quella genealogia.

Lir 2º Dei Ronchi
Il grandissimo Lir 2° dei Ronchi

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