giacomo griziotti

Giacomo Griziotti | L’avvocato del bracco italiano

Giacomo Griziotti, cinotecnico di grandissimo spessore, famoso dresseur di tutte le razze, con un particolare amore per il bracco italiano e il pointer. Tracciamone un breve ricordo, dalle memorie di Cesare Bonasegale

giacomo griziotti

Giacomo Griziotti è nato a Pavia nel 1894 da ricca famiglia proprietaria di terreni agricoli in collina nei Comuni pavesi di Barbianello e di Santa Giuletta, discendente da un nonno garibaldino e da un padre bravo poeta dialettale pavese, possedeva, affiancata alla casa nel comune di Redavalle, una torre gentilizia (Torre Griziotti), simbolo di una famiglia di alto lignaggio.

Cacciatore appassionatissimo di beccacciniche nel pavese era la selvaggina di passo più abbondante – plasmò con questi i suoi cani; nei primi anni bracchi italiani, poi più avanti, setter e pointer e fu, per quest’ultima razza, un grande cultore ed estimatore, tanto da riuscire ad addestrarne e formarne vari campioni suoi, o di amici. Ebbe il peso di una vita passata senza un figlio, morto al fronte orientale.

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L’incontro

Incontrai Giacomo Griziotti per la prima volta negli anni ‘60 in una cena a Pavia in occasione dell’inaugurazione del monumento di Ernesto Coppaloni al Bracco italiano e allo Spinone situato proprio davanti al Castrello Visconteo (fra l’altro, se non lo conoscete, vale la pena di farci una capatina!)

Giacomo Griziotti era proprio seduto accanto a me (e di fronte avevamo il povero Ernesto che su di un tovagliolo schizzò il nuovo monumento cinofilo che voleva dedicare al segugio) e fra una portata e l’altra lo resi partecipe delle mie disavventure con una bella Bracca italiana cedutami da Walter Gioria di Borgomanero (il titolare dell’Allevamento del Salvetta) dotata di grande azione e bel movimento, ma che non incontrava mai.

Si verificava cioè che non fermava né sfrullava perché, grazie al suo ottimo naso, come avvertiva scantonava ed evitava l’incontro: potenzialmente una buona cagna rovinata da errori di dressaggio. Qualche giorno dopo quella cena, Giacomo Griziotti mi scrisse una bella lettera molto spiritosa in cui, definendosi l’avvocato delle cause perse, si diceva particolarmente stimolato a cimentarsi nel recupero di quella interessante bracca… che però nel frattempo avevo reso a chi me l’aveva venduta.

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Fine anni ’60. Cesare Bonasegale con Lord, Giorgio Vignola, Ivan Torchio e l’avvocato Giacomo Griziotti.

La vita di Giacomo Griziotti dedicata alla cinofilia

Ma quella cagna, che si chiamava Dora, ebbe il merito di farmi instaurare un piacevole, cordiale e duraturo rapporto con Giacomo Griziotti. Come ho già detto, pur essendo laureato in legge, Giacomo Griziotti dedicò la sua vita alla cinofilia, anche in virtù dei suoi beni di fortuna (a Pavia abitava in via Griziotti, intitolata appunto alla sua famiglia) e di quelli di sua moglie.

Era persona colta, morigerata e molto discreta, che non si concedeva a facili amicizie e che sapeva mantenere un signorile distacco. Secondo me non è esatto dire che Griziotti fu braccofilo: più corretto sarebbe dire “anche braccofilo”, perché si occupò in egual misura di Setter e soprattutto di Pointer.

E se leggete il suo libro “Caccia, cani, prove”, ne avrete conferma. Presentò dei Bracchi italiani famosi, come Atala ed Eros, che non ebbi mai modo di vedere ma di cui sentii molto parlare.

Banco del Vergante

Quando lo conobbi aveva Banco del Vergante – figlio del suo Eros – un braccone stilista (malgrado gli mancasse il movimento di coda in cerca) e piuttosto lento, che aveva fatto una notevole carriera di prove, allevato dal Dott. Ermanno Medana, titolare per l’appunto dell’affisso del Vergante. Medana è stato in Consiglio SABI con me per tre anni, durante i quali partecipò ad una sola riunione. Di lui ricordo solo l’imponente corporatura e l’enorme cappello alla Tom Mix.

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Giacomo Griziotti
banco del vergante
Banco del Vergante

In macchina non si fuma…

Griziotti fumava il sigaro; quando era però in macchina col cane – durante la trasferta per arrivare alla località della prova – non dava un tiro al fedele toscano e proibiva anche a me di fumare perché sosteneva che il fumo danneggiava le capacità olfattive. Prima del turno si aggirava sul terreno con Banco al guinzaglio, brandendo un bastone pesante come una clava, con il quale lo minacciava ogni qualvolta si profilava una lepre all’orizzonte.

In gara si “trasformava”

Brillante conversatore, era piacevolissimo in compagnia; in gara invece diventava un concorrente accanito che non guardava in faccia a nessuno, perché l’importante era vincere. Ma anche al di fuori della competizione, sul campo era quasi scostante e geloso di rivelare la sua arte.

In questo era l’esatto opposto dell’altro braccofilo professionista pavese, cioè Rino Vigo: tanto avaro di insegnamenti era l’uno, quanto l’altro era prodigo e generoso. In età tarda Griziotti ebbe come allievo Ivan Torchio e con lui preparò il suo ultimo Bracco italiano, che si chiamava Apollo.

Era un ottimo cane, dotato di azione notevole e con un trotto molto veloce, anche se forse un po’ meccanico.

Giudice di manica “strettissima”

Giacomo Griziotti era anche giudice competente ma di manica strettissima: per lui Molto Buono aveva il letterale significato di buonissimo, l’Eccellente era per il cane perfetto ed il CAC per quello in stato di grazia.

Invecchiò benissimo, sempre vitale e lucidissimo sino alla veneranda età di 92 anni.

Giacomo Griziotti, secondo da destra, ormai molto avanti con gli anni. (Foto Ugo Lovotti)

2 commenti su “Giacomo Griziotti | L’avvocato del bracco italiano”

  1. Maurizio Galvi

    Avevo poco più di 16 anni, ero alla mia prima licenza, lo vedevo spesso lungo la sponda dx dell’Olona nelle marcite che andavano dalla cascina Sacchina alla cascina Zagonara per almeno 3-4 km, io con un vecchio Springer sparacchiavo un po’ a tutto, lui cacciava solo beccaccini con due Bracchi. Li usava singolarmente, quando aveva il roano che era già anziano, lento ma con un gran portamento di testa e non sbagliava un beccaccino il bianco arancio lo lasciava sull’auto, una R5. Il roano era sicuramente Banco (per me non è il soggetto della prima della prima fotografia in quanto l’avv. quando aveva Banco era decisamene più anziano, parliamo dei primi anni 70). Il b.a. soggetto giovane, molto dinamico e con tanto galoppo che spesso lo faceva ammattire. Allora lo metteva al terra e avvicinatolo lo reguardiva con l’indice alzato ma senza mai toccarlo o alzare la voce. Seppi dopo che era Apollo allevato dal dr. De Vecchi (che poi diventò il mio dentista) soggetto che poi fece una notevole carriera a beccaccini. Struggenti ricordi di un tempo che purtroppo non tornerà più, le marcite tutte sparite soppiantate da una marea di insulso mais, il biotopo della marcita nei mesi invernali quando tutto era gelato offriva sostentamento a tutta la selvaggina migratoria e spesso anche alla stanziale. Per me avrebbero dovute essere dichiarare patrimonio dell’Unesco.

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